COMMEMORATI I FINANZIERI CADUTI IN ALTO ADIGE
Fonte:
http://www.emigratisardi.com/news/newsdetails/article//nove-maggio-2013-riconosciuti-eroi-tre-nuovi-finanzieri-sardi.html
lunedì, 13.05.2013 18:36 Categoria: Identità e Culture
Autore: Cap. Gerardo Severino
Nove maggio 2013: riconosciuti eroi tre finanzieri sardi
Dopo molti anni, il Direttore del Museo Storico della Finanza è
riuscito a far decorare 7 finanzieri trucidati in Alto Adige dai
terroristi. Tre di essi erano sardi.
Il 9 maggio 2013, in occasione del “Giorno della Memoria
dedicato alle vittime del terrorismo interno ed internazionale, e
delle stragi di tale matrice” la Guardia di Finanza ha reso omaggio
alle proprie vittime con due distinte cerimonie organizzate alla sede
di Roma.
Presso il Sacrario dei Caduti del Corpo, ubicato all’interno
della Caserma “Sante Laria”, il Comandante Generale del Corpo,
Gen. C.A. Saverio Capolupo, accompagnato dal Comandante in 2a, Gen.
C.A. Emilio Spaziante, e dal Capo di Stato Maggiore, Gen. Div.
Luciano Carta, ha deposto una corona d’alloro, alla presenza dei
familiari delle Fiamme Gialle cadute a causa di eventi terroristici.
Subito dopo, presso il Salone d’Onore dello stesso Comando
Generale si è proceduto alla consegna delle Medaglie d’Oro al
Merito Civile, recentemente conferite dal Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano “alla memoria” di altrettanti militari vittime
della tragica stagione rappresentata dal cosiddetto “terrorismo
altoatesino”. Tale fenomeno, animato da elementi nostalgici
neo-nazisti a partire dalla seconda metà degli anni ’50 del
Novecento, si prefiggeva l’obiettivo di staccare dall’Italia la
provincia di Bolzano e farla annettere all’Austria.
Il movimento separatista, sostenuto e foraggiato da ambienti
neo-nazisti di oltralpe, operava attraverso fuoriusciti altoatesini,
i quali, a partire dal 1956, effettuarono attentati, inizialmente
facendo saltare tralicci dei cavi elettrici ad alta tensione,
infrastrutture pubbliche e simboli dell’italianità di quelle terre
e successivamente decisero di attaccare con armi ed esplosivi singoli
militari dell’Esercito e delle Forze di Polizia.
Uno dei principali obiettivi dell’azione terroristica fu proprio
la Guardia di Finanza, sia perché capillarmente presente nella
provincia in ragione dei suoi compiti di controllo militare e fiscale
della frontiera, sia perché rappresentante in loco di una delle
funzioni dello Stato che agli occhi degli elementi anti-italiani era
la più odiosa, cioè l’accertamento dei tributi ed il contrasto
all’evasione fiscale.
Per effetto di azioni terroristiche accuratamente preparate e
spietatamente portate a termine da gruppi di fuoco caddero il
Finanziere Bruno Bolognesi, nativo di Argenta (Ferrara), saltato in
aria il 23 maggio 1966 a Passo Vizze, ed i parigrado Salvatore
Cabitta, nato a Porto Torres, e Giuseppe D’Ignoti, originario di
Vibo Valentia, morti rispettivamente il 24 luglio ed il 1° agosto
1966, a seguito allo scontro a fuoco sostenuto con i terroristi
altoatesini a San Martino in Casies.
Un mese dopo si ebbe la perdita del Ten. Franco Petrucci, di
Montecastrilli (Terni), morto a Vipiteno il 23 settembre 1966 dopo
essere stato ferito mortalmente in occasione dell’attentato
terroristico che, il precedente 9 settembre, fece saltare in aria la
caserma di Malga Sasso, procurando la morte immediata del Vice Brig.
Eriberto Volgger, di Val di Vizze (Bolzano) e del Finanziere Martino
Cossu, originario di Luogosanto.
Tra le vittime del terrorismo altoatesino va anche annoverato il
giovanissimo Finanziere Raimondo Falqui, nativo di Lula (Nuoro), che
storicamente rappresenta il primo caduto in Alto Adige per mano
eversiva, trucidato a soli 22 anni, per il sol fatto di essere
italiano, a Fundres il 16 agosto 1956 da un gruppo di giovinastri
dell’omonima valle. Le Onorificenze sono state consegnate
solennemente ai familiari dei citati caduti, ovvero al sindaco del
Comune di Montecastrilli (Terni), da parte dello stesso Generale
Capolupo e dal Comandante in 2a, Generale Emilio Spaziante.
Il sacrificio di questi eroici militari con le Fiamme Gialle, sul
quale era caduto l’oblio del tempo è stato, quindi, efficacemente
ricordato con un’alta ricompensa della Repubblica, pervenuta
proprio grazie alle ricerche storiche compiute dal sottoscritto
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza, che ne ha anche
firmato le relative proposte ufficiali. La motivazione, unica per
tutte e sette le vittime appena ricordate, riporta la seguente frase:
“Impegnato nel controllo del territorio al fine di contrastare
l'evasione fiscale, non si sottraeva all'attività di repressione
degli atti di terrorismo compiuti contro l'Italia negli anni
1950/1970.
In una di queste circostanze veniva barbaramente trucidato in una
vile e proditoria azione terroristica, sacrificando la vita ai più
nobili ideali di legalità ed amor patrio. Esempio di elette virtù
civiche e di altissimo senso del dovere, di cui è bene che non si
spenga la memoria e venga tramandato ai posteri il ricordo. 1950/1970
Bolzano”. Essa, da sola, conferma quanto sia vicina la Patria a
quanti, sia in pace che in guerra, sia in Patria che all’estero,
sono caduti in suo nome, perpetuandone il ricordo anche grazie al
“Giorno della Memoria”.
Gerardo Severino
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza
Dida delle foto, dall’alto in basso.
1.La foto di gruppo ritrae il Comandante Generale della Guardia di
Finanza, al centro della foto, e, alla destra del cap. Severino, i
vertici del Corpo ed i familiari dei finanzieri decorati. Alla
sinistra del cap. Severino è il fratello del finanziere Raimondo
Falqui, di Lula, il primo caduto italiano in Alto Adige.
2. Salvatore Cabitta, nativo di Porto Torres.
3. Martino Cossu, originario di Luogosanto.
4. Raimondo Falqui, nativo di Lula.
venerdì 9 agosto 2013
mercoledì 5 giugno 2013
STRAGE ITALICUS - 4 AGOSTO 1974
Russo, una vita con la strage nel cuore
Dal quotitiano "Alto Adige" del 26 ottobre 2007 — pagina 34 sezione: Provincia
MERANO. La morte di Marisa Russo, l’insegnante meranese stroncata a 53 anni da un male incurabile, evoca la storia sconvolgente della strage dell’Italicus. Marisa e uno dei suoi due fratelli, Mauro, erano infatti miracolosamente sopravvissuti all’attentato terroristico compiuto nella notte (erano le 1 e 30) del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Una bomba ad alto potenziale esplose nella vettura 5 dell’espresso Roma-Monaco sul quale, al rientro a Merano dalle ferie, stava viaggiando la famiglia Russo.
Fra le lamiere dilaniate da una potente carica di termite morirono 12 persone e altre 44 rimasero ferite. L’attentato venne rivendicato dall’organizzazione Ordine Nero attraverso un volantino. “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione - questo il testo delirante scritto dagli autori - che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.
Marisa perse i genitori, Nunzio e Maria Santina Carraro, e il fratello più piccolo, Marco. Il dolore, la rabbia ma anche la speranza che il mondo possa cambiare, condizionarono la vita dei sopravvissuti. “Cara Marisa, sei stata una dolce sorella, una cara amica e anche un po’ mamma. Quando siamo rimasti soli, mi hai dato la forza di crescere e di lottare, insieme siamo stati una bella coppia. Sei sempre stata la più forte, una brava maestra elementare nella tua vita e una maestra d’amore per la mia vita”, ha scritto ieri Mauro nell’annuncio funebre pubblicato sul nostro giornale.
Parole che stringono il cuore e accennano solo velatamente alla tragedia che li ha uniti per sempre. Quel richiamo al ruolo materno svolto da Marisa ha fatto riemergere dalle nebbie della memoria, velata di un’attenzione all’umanità, alla dignità della persona, la tragedia vissuta dai due fratelli che, giovanissimi, si erano ritrovati soli a lottare in un mondo che aveva mostrato loro solo il suo volto crudele.
Quando c’è di mezzo la sofferenza altrui, dei vivi che restano, si fa fatica a raccontare la storia di morti, stroncati nel pieno fulgore, ma soprattutto quella di chi è rimasto e a cui manca la comprensione, il ritrovamento di un significato e di sentimenti che affrontino i temi fondamentali del vivere in cui neanche il dolore o la rabbia riescono a sortire effetti.
In questo momento di profondo dolore, ai meranesi rimane il ricordo del radioso sorriso di Marisa, espressione di un’ intensa voglia di vivere che neppure le grandi sofferenze patite avevano attenuato. Nella tomba che al cimitero comunale ricorda i tre meranesi rapiti dalla malvagità umana in un maledetto giorno d’agosto di 33 anni fa, Marisa questo pomeriggio ritroverà i genitori e il suo fratellino.
Alla nostra città il cui nome è strettamente legato a una delle più brutte e sconvolgenti pagine di storia italiana spetta ora il compito di dedicare un gentile ricordo a questa dolce e sfortunata donna la cui inattesa fine tocca le corde dell’anima di tutti i meranesi. (f.p.)
Russo, una vita con la strage nel cuore
Dal quotitiano "Alto Adige" del 26 ottobre 2007 — pagina 34 sezione: Provincia
MERANO. La morte di Marisa Russo, l’insegnante meranese stroncata a 53 anni da un male incurabile, evoca la storia sconvolgente della strage dell’Italicus. Marisa e uno dei suoi due fratelli, Mauro, erano infatti miracolosamente sopravvissuti all’attentato terroristico compiuto nella notte (erano le 1 e 30) del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Una bomba ad alto potenziale esplose nella vettura 5 dell’espresso Roma-Monaco sul quale, al rientro a Merano dalle ferie, stava viaggiando la famiglia Russo.
Fra le lamiere dilaniate da una potente carica di termite morirono 12 persone e altre 44 rimasero ferite. L’attentato venne rivendicato dall’organizzazione Ordine Nero attraverso un volantino. “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione - questo il testo delirante scritto dagli autori - che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.
Marisa perse i genitori, Nunzio e Maria Santina Carraro, e il fratello più piccolo, Marco. Il dolore, la rabbia ma anche la speranza che il mondo possa cambiare, condizionarono la vita dei sopravvissuti. “Cara Marisa, sei stata una dolce sorella, una cara amica e anche un po’ mamma. Quando siamo rimasti soli, mi hai dato la forza di crescere e di lottare, insieme siamo stati una bella coppia. Sei sempre stata la più forte, una brava maestra elementare nella tua vita e una maestra d’amore per la mia vita”, ha scritto ieri Mauro nell’annuncio funebre pubblicato sul nostro giornale.
Parole che stringono il cuore e accennano solo velatamente alla tragedia che li ha uniti per sempre. Quel richiamo al ruolo materno svolto da Marisa ha fatto riemergere dalle nebbie della memoria, velata di un’attenzione all’umanità, alla dignità della persona, la tragedia vissuta dai due fratelli che, giovanissimi, si erano ritrovati soli a lottare in un mondo che aveva mostrato loro solo il suo volto crudele.
Quando c’è di mezzo la sofferenza altrui, dei vivi che restano, si fa fatica a raccontare la storia di morti, stroncati nel pieno fulgore, ma soprattutto quella di chi è rimasto e a cui manca la comprensione, il ritrovamento di un significato e di sentimenti che affrontino i temi fondamentali del vivere in cui neanche il dolore o la rabbia riescono a sortire effetti.
In questo momento di profondo dolore, ai meranesi rimane il ricordo del radioso sorriso di Marisa, espressione di un’ intensa voglia di vivere che neppure le grandi sofferenze patite avevano attenuato. Nella tomba che al cimitero comunale ricorda i tre meranesi rapiti dalla malvagità umana in un maledetto giorno d’agosto di 33 anni fa, Marisa questo pomeriggio ritroverà i genitori e il suo fratellino.
Alla nostra città il cui nome è strettamente legato a una delle più brutte e sconvolgenti pagine di storia italiana spetta ora il compito di dedicare un gentile ricordo a questa dolce e sfortunata donna la cui inattesa fine tocca le corde dell’anima di tutti i meranesi. (f.p.)
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