martedì 19 luglio 2011

12 GIUGNO 1962 - GIOVANNI POSTAL






Il ricordo, 50 anni fa
Postal, stradino inerme vittima del terrorismo
Don GIANCARLO PELLEGRINI
Il 27 marzo cadevano 50 anni di un fatto, che poteva essere un'avvisaglia di quello che presagiva di quanto sarebbe accaduto. Quello che è passato alla storia come i fuochi del Sacro cuore a cui seguirono le cariche di tritolo che abbatterono i tralicci della corrente elettrica. Quella mattina Giovanni Postal, stradino sulla nazionale, abitante a Grumo, giungendo alla baracca dell'Anas, posta a confine della due province, vi trova scritto a caratteri cubitali «hier ein Südtirol». L'uomo, che l'esperienza aveva reso capace di cogliere i segni meno vistosi, girando circospetto attorno alla baracca scopre un ordigno a orologeria. Subito allerta i carabinieri di Salorno e di Mezzolombardo. Giovanni resta sconvolto ripeteva spesso: «Fosse passato una macchina o peggio un bus ci poteva essere una strage». L'ordigno era stato messo lì per uccidere; Giovanni ne era convinto. Sarebbe interessante vedere che tipo di investigazioni furono fatte: comunque non tali da poter prevenire la notte dell'11 giugno. Purtroppo non finisce qui. La mattina del lunedì 12 giugno iniziava una nuova settimana di lavoro per Giovanni. Era già in età di pensione, ma i contributi di gioventù non gli consentivano di maturare una pensione decente per cui decise di rimanere al lavoro i due anni che necessitavano al suo completamento. Amava il suo lavoro e questo prolungamento non gli pesava affatto. Alle 7,30 inforcato il «paperinos» da Grumo di S. Michele all'Adige raggiunge la sua baracca dove ricovera il mezzo. Si dedica ad alcuni lavoretti di sistemazione del ciglio della strada. Il giorno prima il traffico domenicale, intenso per le prime gite verso le dolomiti, aveva procurato qualche disordine. Quindi inforca la bicicletta che gli serviva ad ispezionare con cura lo stradone. Via per Salorno: pedalando con calma. Poco dopo si accorge che un pioppo aveva una cintura di color nero verso le radici. Intuitivamente ricorda il 27 marzo e abbandonata la bicicletta attraversa veloce la carreggiata, si avvicina pronto a staccare l'ordigno tagliando con la «podarola» la cinghia che lo teneva legato all'albero. La deflagrazione fu terribile. Il corpo straziato di Giovanni fu buttato all'aria e cadde seminudo in mezzo alla carreggiata. Il pioppo schiantato cadde sullo stradone il che la dice lunga sulla potenza della carica di tritolo impiegata. Giovanni è la prima vittima di quei altoatesini che per qualche anno uccideranno militari e civili con i più vili attentati. L'esperienza del 27 marzo lo ha spinto a intervenire per rimuovere la bomba assassina: ha donato la vita per salvare gli altri. Proprio di fronte a quel pioppo vi era una piazzola dove spesso si incontravano, proprio verso quell'ora, le pattuglie dei carabinieri che facevano servizio l'una in Alto Adige e l'altra in Trentino: una sigaretta due parole e via al lavoro. Ora vi è una lapide che ricorda l'innocente vittima dell'odio e della violenza disumana di chi crede di risolvere i problemi sociali con il sangue. Spero proprio che, nel ricordare i 50 anni dagli avvenimenti, non si dia più importanza ai tralicci, il cui danno e la spettacolarità furono senza dubbio grandi, ma non così come la perdita di una vita umana, oltretutto di un innocente: Giovanni Postal, stradino.
L'ADIGE 05/04/2011