mercoledì 5 giugno 2013

STRAGE ITALICUS - 4 AGOSTO 1974

Russo, una vita con la strage nel cuore

Dal  quotitiano "Alto Adige" del 26 ottobre 2007 —   pagina 34   sezione: Provincia

 MERANO. La morte di Marisa Russo, l’insegnante meranese stroncata a 53 anni da un male incurabile, evoca la storia sconvolgente della strage dell’Italicus. Marisa e uno dei suoi due fratelli, Mauro, erano infatti miracolosamente sopravvissuti all’attentato terroristico compiuto nella notte (erano le 1 e 30) del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Una bomba ad alto potenziale esplose nella vettura 5 dell’espresso Roma-Monaco sul quale, al rientro a Merano dalle ferie, stava viaggiando la famiglia Russo.
  Fra le lamiere dilaniate da una potente carica di termite morirono 12 persone e altre 44 rimasero ferite. L’attentato venne rivendicato dall’organizzazione Ordine Nero attraverso un volantino. “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione - questo il testo delirante scritto dagli autori - che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”.
  Marisa perse i genitori, Nunzio e Maria Santina Carraro, e il fratello più piccolo, Marco. Il dolore, la rabbia ma anche la speranza che il mondo possa cambiare, condizionarono la vita dei sopravvissuti. “Cara Marisa, sei stata una dolce sorella, una cara amica e anche un po’ mamma. Quando siamo rimasti soli, mi hai dato la forza di crescere e di lottare, insieme siamo stati una bella coppia. Sei sempre stata la più forte, una brava maestra elementare nella tua vita e una maestra d’amore per la mia vita”, ha scritto ieri Mauro nell’annuncio funebre pubblicato sul nostro giornale.
  Parole che stringono il cuore e accennano solo velatamente alla tragedia che li ha uniti per sempre. Quel richiamo al ruolo materno svolto da Marisa ha fatto riemergere dalle nebbie della memoria, velata di un’attenzione all’umanità, alla dignità della persona, la tragedia vissuta dai due fratelli che, giovanissimi, si erano ritrovati soli a lottare in un mondo che aveva mostrato loro solo il suo volto crudele.
  Quando c’è di mezzo la sofferenza altrui, dei vivi che restano, si fa fatica a raccontare la storia di morti, stroncati nel pieno fulgore, ma soprattutto quella di chi è rimasto e a cui manca la comprensione, il ritrovamento di un significato e di sentimenti che affrontino i temi fondamentali del vivere in cui neanche il dolore o la rabbia riescono a sortire effetti.
  In questo momento di profondo dolore, ai meranesi rimane il ricordo del radioso sorriso di Marisa, espressione di un’ intensa voglia di vivere che neppure le grandi sofferenze patite avevano attenuato. Nella tomba che al cimitero comunale ricorda i tre meranesi rapiti dalla malvagità umana in un maledetto giorno d’agosto di 33 anni fa, Marisa questo pomeriggio ritroverà i genitori e il suo fratellino.
  Alla nostra città il cui nome è strettamente legato a una delle più brutte e sconvolgenti pagine di storia italiana spetta ora il compito di dedicare un gentile ricordo a questa dolce e sfortunata donna la cui inattesa fine tocca le corde dell’anima di tutti i meranesi. (f.p.)